E’ freddo e fuori piove, brandelli di natura volano impazziti spinti da un vento gelido ed io penso…
Là, oltre l’orizzonte, dove il tramonto lascia spazio alla notte, è quasi buio, l’aria è calda e profumata, il rumore della natura assordante ed io ricordo:
Verdi montagne altissime, cime innevate, terrazze scavate su pendii impossibili orlati di fiori purpurei, ceste colme di messi pronte per le portatrici senza età che lente portano sui tetti delle case il frutto della terra per batterlo, separarlo con gesti antichi chiamando il vento a separar le scaglie inutili che volano nell’aria.
Nudi bambini osservano il lavoro da bordi non protetti di queste semplici case, si arrampicano su tronchi scavati per i loro piccoli piedi mentre in basso razzolano polli, ruminano armenti.
Formiche umane che vivono il lavoro in funzione del vivere quotidiano, senza null’altro sperare se non la quotidiana vita di sempre.
Lontani dalla civiltà che cancella, lontani dalle novità che allontanano le antiche e confermate usanze, lontani dal desiderio di rinnovarsi.
Mai statici e assenti, mai oziosi e insoddisfatti ma sempre felicemente consapevoli del giusto cammino intrapreso dai vecchi saggi, sempre felicemente ubbidienti al naturale ciclo della vita.
Questo è il popolo saggio, questo dovremmo essere noi che abbiamo la storia come esempio di crescita sociale.
Un giorno ho letto questa frase:
“ La guerra è quella lezione di storia che il popolo non ricorda mai abbastanza.”
La storia ci insegna, i proverbi sono antica saggezza popolare, l’esperienza di altri dovrebbe essere frutto di meglio agire…. invece?
Invece andiamo dietro al primo che ci promette di occuparsi di noi, seguiamo i consigli di chi, per suo interesse, ci propone dei cambiamenti, siamo avvezzi alla frase: - quest’anno è di moda questo e non più quello-, dove stiamo andando? Qual è la nostra identità? Chi stiamo diventando?
Vorrei tornare in Nepal, fra quella gente ricca, nella semplicità di una vera amicizia, per vivere nella maniera primordiale seguendo le fasi della luna, il sorgere ed il calar del sole, le stagioni magre e quelle grasse, lontano dai governi, dalle false apparenze e rinascere uomo vero e libero, come quelle figure apparse nella tenue luce di un mattino, intorno ad un albero, che con incensi e preghiere salutavano Shiva e l’inizio del giorno, raccolti e discreti, senza un pubblico, senza una platea… sotto il mio discreto sguardo incredulo di tanta semplice e naturale devozione e amore.
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